domenica 18 novembre 2012

A margine (La cospirazione finanziaria contro l'Europa)


di Fabio Calabrese


Il precedente articolo pubblicatomi da “Ereticamente” si intitolava “S-Polia-zione”, forse un gioco di parole quasi obbligato, dato il nome della persona a cui esso è dedicato, Mario Polia, noto antropologo ed esponente del tradizionalismo cattolico, ultimamente impegnato a dire tutto il male possibile della tradizione pagana. Questo invece ho pensato di chiamarlo “A margine”, e forse qualcuno di voi noterà che i miei titoli tendono a somigliare a quelli di Joe Fallisi. Forse non è un caso, perché Fallisi è probabilmente uno dei corsivisti più interessanti recentemente emersi nel nostro ambiente, e io seguo con interesse quello che scrive. C'è tuttavia un motivo molto semplice per il titolo di questo articolo specifico, che ha una struttura particolare, essendo composto da una serie di note a margine ad alcuni dei miei scritti precedenti.

Gli psicologi la chiamano “la risposta dello scalone”, quella risposta che qualcuno avrebbe dovuto dare a un interlocutore, una battuta fulminante, ad esempio, che avrebbe liquidato un contraddittore e viene in mente solo a dibattito concluso, quando si scendono le scale. Nel mio caso, però vi posso dare assicurazione che non si tratta di questo, credo di aver dato ampia dimostrazione di non essere sfornito della capacità di rispondere a tono a chicchessia. Solo, per quanto si faccia, rimangono sempre questioni aperte e cose non dette.
Ad esempio, come sappiamo, nel 2011 sono caduti i centocinquant'anni dell'unificazione nazionale italiana, e questa ricorrenza ha generato nei nostri ambienti un dibattito più che vivace: non si è trattato solo del fatto che “i compagni” che per decenni avevano vilipeso tutto quanto è nazionale, decisi ad aggiungere anche l'ipocrisia o un'ipocrisia maggiore che nel passato alle loro colpe, difetti e responsabilità, si sono decisi a monopolizzare il patriottismo, a proclamare una “fede italiana” doppiamente ipocrita perché ha il doppio scopo di infastidire i leghisti e di far passare, mascherandola sotto un diluvio di retorica, l'aspirazione alla trasformazione dell'Italia in una società multietnica. Non si tratta certamente di questo, che il patriottismo dei “compagni” sia una moneta falsa come tutto ciò che costoro spacciano, questo e qualcosa su cui, credo, nessuno di noi ha mai avuto né mai avrebbe il minimo dubbio.
Il punto è un altro: questa circostanza è venuta a evidenziare una contraddizione presente nei nostri ambienti e, potremmo dire, nella nostra Weltanschauung: da un lato, l'ovvio fatto che il risorgimento ha significato per l'Italia il recupero dell'unità e di una dignità nazionale che era andata persa da secoli, dall'altro il fatto che questa rinascita sia venuta a inserirsi, sia stata un effetto collaterale di un movimento di sovversione operante in tutta Europa, liberal-massonico, il cui scopo e i cui interessi consistevano nel sostituire al potere dell'antica nobiltà del sangue quello dell'aristocrazia del denaro. E non contiamo il fatto che, obiettivamente, soprattutto le popolazioni meridionali sono state trattate malissimo dal nuovo stato unitario. All'epoca dell'impresa garibaldina, Garibaldi non sarebbe mai riuscito a conquistare un regno esteso alla metà della nostra Penisola con solo un migliaio di uomini senza un consistente appoggio delle popolazioni. Pochi anni dopo, il vento era completamente cambiato e si manifestava il fenomeno del cosiddetto brigantaggio, in realtà una vera e propria insurrezione popolare in conseguenza delle spoliazioni e delle ruberie che la gente del sud subiva ad opera dei “piemontesi”.
Riflettendoci, mi parve chiaro che tutti noi, “risorgimentali” e “anti-risorgimentali” eravamo caduti nel medesimo equivoco confondendo due cose affatto diverse: UNA era l'insorgenza naturale, spontanea del nostro popolo oppresso da una lunga serie di tirannie e dominazioni straniere, TUTT'ALTRA COSA era il movimento di un gruppo di uomini che a un certo punto, di questo moto spontaneo si era impadronito DISTORCENDOLO A FINALITA' DEL TUTTO DIVERSE.
La cartina di tornasole, il momento in cui gli interessi della Patria e quelli della loggia divergevano, entravano in conflitto e si vedeva bene quale fosse la vera “patria” dei liberal-massoni, si vide nel 1870, in occasione della guerra franco-prussiana, che vide i garibaldini mobilitarsi IN AIUTO ALLA FRANCIA. Per chiarire bene i termini della questione, noi con la Prussia di Bismark non avevamo alcun genere di contenzioso, anzi, era grazie ad essa che avevamo ottenuto il Veneto nel 1866, e quel che stava facendo la Prussia era esattamente analogo a ciò che il Piemonte aveva fatto nel decennio precedente, ossia costituire con la sua eccellenza militare un punto di aggregazione intorno al quale realizzare la risorgenza e l'unificazione tedesca. I Francesi, invece nei confronti dell'Unità italiana erano stati ed erano tuttora un ostacolo. Nel 1848 avevano distrutto la repubblica romana. Provvisoriamente alleati del Piemonte nel 1861 avevano compiuto il voltafaccia di Villafranca e preteso (e ottenuto) ugualmente Nizza e la Savoia per i loro servigi, e al presente erano l'ostacolo al completamento dell'edificio risorgimentale impedendo l'annessione di Roma.
Tutte considerazioni che non valsero nulla: i garibaldini esprimevano L'ODIO IDEOLOGICO dei liberal-massoni contro la Prussia di Bismark e l'unificazione tedesca, colpevoli di esprimere la rinascita del principio aristocratico contro la democrazia liberal-massonica emergente e senza connessioni con il vecchio potere nobiliare ormai declinante dappertutto. Odio ideologico che portò poi direttamente alla tragedia delle due guerre mondiali e a distruggere, insieme alla Germania, la posizione egemone del nostro continente.
Questi concetti li misi alla base di un saggio piuttosto ampio che mi fu poi pubblicato sul n. 70 de “L'uomo libero”. Questo scritto in seguito fu ripreso da diversi siti internet, alcuni dei quali però vi affiancarono uno sciagurato commento, non voglio ricordare di chi, nel quale si affermava che si, insomma avevo ragione, ma anche il clericalismo aveva le sue colpe. Qualcuno che proprio aveva capito tutto, se a voi che leggete i miei scritti su “Ereticamente” pare che io possa essere definito un clericale! La cosa più spontanea sarebbe quella di sorridere di compatimento, ma poi mi sono accorto che sotto c'è un problema piuttosto serio: “Se sei contro massoni e marxisti, devi essere per forza un clericale”. Non è forse chiaro da dove esce una pensata di questo genere? Cristianesimo-cattolicesimo-clericalismo, demo-liberal-massoneria e marxismo sono in pratica le tre forme che assume nella nostra cultura il pensiero abramitico. Un(o) (s)ragionamento di questo genere dimostra in maniera lampante il fatto che anche fra di noi molti tendono a pensare in termini prettamente abramitici, e questa è forse la stimmata più evidente del potere condizionante della “cultura” abramitica, alla quale spesso anche molti di noi non riescono a sottrarsi.
A questo riguardo, è bene chiarire che l'indirizzo democratico-liberal-massonico talvolta lo definiamo “laico”, ma se per laicismo noi intendessimo un pensiero a orientamento razionale e neutrale rispetto alle questioni religiose, allora beh, non ci siamo proprio.
Guardate a quella che è oggi la massoneria con il suo esoterismo di cartapesta, i suoi simbolismi: vendicare l'assassinio di Hiram (sia o no mai veramente avvenuto), ricostruire il tempio di Gerusalemme, il sigillo di Salomone, la stella di David, tutto sa di ebraico, di biblismo riciclato da preti o rabbini mancati. Negli Stati Uniti la massoneria non è solo molto forte, è un elemento fondante dell'identità americana; basta guardare i dollari che portano sul retro un chiaro simbolismo massonico: la piramide sormontata dall'occhio onniveggente. Vi cito una curiosità che sarebbe umoristica se non fosse tragica: le “tredici colonie” fondatrici degli Stati Uniti erano in realtà quattordici, ma il Maine fu fatto sparire dall'elenco per poter godere delle valenza magiche e propiziatorie del numero tredici. In un mio scritto pubblicato sul sito del Centro Studi La Runa, “Il fascismo secondo Indiana Jones”, mi sono occupato dell'aspetto stregonesco e superstizioso dell'antifascismo, ma forse il discorso è da estendere alla democrazia in quanto tale. Se questa congerie di superstizioni abramitiche è il laicismo, è una ragione in più per dire: “Laici? No davvero, noi siamo pagani”.
Che la Germania sia stata responsabile delle due guerre mondiali, è una cosa che oggi viene data per scontata in base alla logica che la storia la scrivono i vincitori e i vinti hanno sempre torto, ma questa non è che una menzogna propagandistica. Ci sono delle dichiarazioni dei vincitori del secondo conflitto mondiale che testimoniano esattamente il contrario; io ne ho citate alcune, di Winston Churchill prima di tutto, che dichiarò:
  gIl delitto imperdonabile della Germania prima della Seconda Guerra Mondiale fu il suo tentativo di sganciare la sua economia dal sistema di commercio mondiale, e di costruire un sistema di cambi indipendente di cui la finanza mondiale non poteva più trarre profitto.”
Poi di un ex comandante di questa guerra divenuto storico, il generale britannico J. P. C. Fuller:
“Non fu la politica di Hitler a lanciarci in questa guerra. La ragione fu il suo successo nel costruire una nuova economia crescente”.
Infine di James Baker, segretario agli esteri statunitense che nel 1992 dichiarò: “[La seconda guerra mondiale] era solo una misura economica preventiva”.
Citazioni che ho riportato in due contesti un po' diversi, i due distinti articoli “Romanticismo e luoghi comuni” su “Ereticamente” allo scopo di difendere da prevedibili accuse la Germania e la cultura tedesca che ha avuto nel romanticismo la sua maggiore espressione, e ne “Il coltello alla gola” pubblicato sul sito del Centro Studi La Runa nell'ambito di un discorso più ampio: l'ascesa in Europa del potere parassitario del grande capitale finanziario, il suo sfruttamento dei popoli sotto la maschera dell'ideologia liberista, a cui la Germania nazionalsocialista tento di opporsi, e questa fu la causa REALE del conflitto, quello stesso capitalismo finanziario che ha provocato “la crisi” in cui non c'è nulla di imprevisto o di transitorio, che oggi sta strangolando i popoli europei.
Recentemente mi è capitato di trovare una versione più estesa della citazione del generale Fuller, eccovela:
“Quel che ci spinse in guerra contro Hitler non fu la sua dottrina politica; la causa stavolta fu il suo tentativo coronato da successo di dare vita a una nuova economia. La prosperità della finanza internazionale dipende dall'emissione di prestiti a interesse a nazioni in difficoltà economica. L'economia di Hitler significava la sua rovina.
Se gli fosse stato permesso di completarla con successo, altre nazioni avrebbero certo seguito il suo esempio, e sarebbe venuto il momento in cui tutti gli stati senza riserve auree si sarebbero scambiati beni contro beni; così non solo la richiesta di prestiti sarebbe cessata e l'oro avrebbe perso valore, ma i prestatori finanziari avrebbero dovuto chiudere bottega. Questa pistola finanziaria era puntata in modo particolare alla tempia degli Stati Uniti”.
Delle ammissioni alquanto scottanti per uno dei condottieri della lotta contro la Germania. La colpa imperdonabile di Hitler e del nazionalsocialismo è stata quella di fare gli interessi del popolo tedesco invece che dei grandi usurai internazionali, quegli stessi avvoltoi della finanza internazionale che oggi grazie a strumenti nelle loro mani quali la moneta unica, la BCE, l'UE, stanno spolpando i popoli europei. La verità è questa, e il resto è solo fumo negli occhi.
Occorre capire una cosa fondamentale. Durante il periodo della Guerra Fredda, dal 1945 al 1991 le due superpotenze sovietica e americana che si confrontavano su scala planetaria si sono in un certo senso ed entro certi limiti neutralizzate a vicenda e a quell'epoca l'americanismo sembrava il male minore rispetto al pericolo dell'estensione planetaria del comunismo sovietico.  Era un errore? Difficile da dire, forse se alla fine fosse stata l'Unione Sovietica a prevalere, avrebbe trasformato il mondo in un inferno simile alla Cambogia dei Khmer rossi su scala planetaria, ma il comunismo sovietico presenta comunque un enorme vantaggio rispetto all'americanismo, quello di essere scomparso nel 1991.
Con la fine dell'Unione Sovietica siamo entrati in un'epoca completamente diversa, ed è inutile oggi valutare col facile senno di poi persone ed eventi di quel tempo. Ad esempio in occasione della scomparsa di Pino Rauti, che è stato uno dei leader dei nostri ambienti di quel periodo, mi è capitato di sentire fin troppi giudizi quanto meno inopportuni.
Da vent'anni a questa parte, le cose sono cambiate e, crollato l'impero sovietico, l'americanismo e il potere che sta dietro il colosso americano, il grande capitale finanziario internazionale hanno ripreso la marcia verso la conquista del potere mondiale.
A questo riguardo, occorre fare un discorso estremamente franco, e vedremo come alla fine tutto si tiene: quella che oggi sta travagliando l'Europa non è per nulla una crisi paragonabile a quella del 1929, non si tratta cioè di una crisi a carattere ciclico destinata a risolversi nel giro di qualche anno. Quella a cui assistiamo oggi, invece, la potremmo definire una crisi “a sprofondamento”, un baratro che si apre sempre più profondo, ampio e vertiginoso sotto i nostri piedi, in cui le economie degli stati europei rischiano di essere travolte una a una, a cominciare dalle più deboli, ma sappiamo che prima o poi toccherà a tutte le altre.
Si tratta di una crisi voluta e provocata, costruita a tavolino. Il parlamento e le altre istituzioni europee sono istituzioni evanescenti, a eccezione di una, che è il vero potere nell'Unione Europea, la BCE che è un'istituzione PRIVATA. In pratica l'Unione Europea è un paravento dietro il quale un gruppo di affaristi del grande capitale bancario e finanziario sta manipolando gli stati invischiati nella tela di ragno di questa cosiddetta Unione, e la crisi serve precisamente allo scopo di indurre gli stati a cedere pezzi sempre più grossi della loro residua sovranità, oltre a trasformare il lavoro di centinaia di milioni di persone nella ricchezza e nel potere di pochissimi.
Questo non lo dico io, questo l'ha detto il “commissario” impostoci dagli strozzini della BCE che hanno confiscato la nostra sovranità nazionale; cioè scusate, volevo dire il nostro presidente del Consiglio, Mario Monti nel discorso tenuto alla LUISS (l'università privata del grande capitale italiano, l'allevamento dei cuccioli di squalo) il 22 febbraio 2011:
“Non dobbiamo sorprenderci che l'Europa abbia bisogno di gravi crisi per fare passi avanti, i passi avanti dell'Europa sono per definizione cessioni di parti di sovranità nazionali a un livello comunitario, è chiaro che il potere politico ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una comunità nazionale possono essere pronti a queste cessioni sono quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle perché c'è una crisi in atto visibile e conclamata. Abbiamo bisogno delle crisi come il G20 per fare passi avanti, ma quando una crisi sparisce, rimane un sedimento perché si sono messe in opera istituzioni, leggi ecc... per cui non è pienamente reversibile. (...).
Oggi abbiamo in Europa troppi governi che si dicono liberali e come prima cosa hanno cercato di attenuare la portata della capacità di azione, di risorse e di indipendenza delle autorità che si sposano necessariamente al mercato di un'economia anche solo liberale”.
In poche parole, la crisi è provocata, l'hanno provocata LORO, e lo scopo è quello di togliere di mezzo le sovranità nazionali che possono ostacolare la trasformazione dell'Europa in un unico enorme mercato oltre a due secoli di conquiste sociali.
Il fatto che Mario Monti riveli in tutta tranquillità il piano dei suoi padroni della BCE per l'assoggettamento dell'Europa così come le rivelazioni del generale Fuller o quelle di James Baker che risalgono al 1992, significativamente appena dopo la conclusione della Guerra Fredda, non può esso stesso essere considerato senza preoccupazione: significa che la classe dei grandi pescecani internazionali è o si sente così vicina alla presa del potere totale da non sentire più nemmeno il bisogno di mascherarsi, da non temere più nemmeno la verità.
Alla fine tutto si tiene: coloro che sotto la maschera liberal-democratica hanno agitato le rivoluzioni dell'ottocento per sostituire al potere del sangue quello dell'oro, coloro che hanno provocato due guerre mondiali per spezzare l'ascesa della Germania, coloro che oggi stanno riducendo alla disperazione i popoli europei per far loro cedere le sovranità nazionali, il potere sul proprio futuro in cambio di un tozzo di pane che alla fine si rivelerà meno della famosa minestra di lenticchie di Esaù, sono sempre gli stessi, generazione dopo generazione.
E noi, cosa aspettiamo a ribellarci?



1 commenti:

  1. Vi devo segnalare un refuso. La seconda guerra d'indipendenza con l'alleanza franco-piemontese interrotta dal voltafaccia francese di Villafranca, non è del 1861, ma del 1859.
    Chiedo scusa.
    Fabio Calabrese

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