sabato 20 ottobre 2012

Epitaffio per un Professore


di Mario M. Merlino



Propongo – e ripropongo in versione aggiornata e con l’arco e la freccia diretta al bersaglio – un piccolo atto ironico da guitto istrione commediante da teatrino di periferia, insomma da professore in pensione dopo circa quarant’anni di dis-onorata carriera(?).

L’obbiettivo non è più ‘quel’ collega, ma i colleghi che imperano ed impazzano in aule corridoi sala professori preside bidelli alunni registri cattedra e carte carte carte relazioni tesine valutazioni test d’ingresso e orientamento programmazione conferma o scelta di nuovi testi fotocopie computer gessetti inchiostro in soldoni carte carte carte perché quando non si ha niente da dire o si tace o si fa…l’in-segnante!

Aveva quel genere di conformismo atto ad ac-chiappa-re meriti e prebende – progetti  simili a bolle di sapone ma remunerati – presso colleghi preside e segreteria. Capace di evitare grane con il provveditorato la questura e lo stesso padre eterno visto che, sebbene avesse professato sempre un sano laicismo, è morto con tutti i crismi della santa romana ecclesia.

Da ragazzo non ha mai rotto un lampione con una sassata né un pregiudizio con libera volontà. Andava a scuola e studiava poco, ma strappava la sufficienza perché con ruffianeria congenita credeva profondamente alle idiozie dei suoi professori. Come tutti gli ignoranti aveva il fanatismo della scienza. Dopo la pubertà fu scosso da un fremito di libidine che fu l’unica cosa notevole della sua vita, sebbene covasse solitaria nel cesso per lungo tempo.

All’università si trovò tra bandiere rosse ed assemblee; pensò che si trattasse di didattica e vi partecipò diligentemente, evitando però per animo schivo di assumersi responsabilità e pagare conseguenze. Quando poi trovò una donna, sembrò che in un alone di romantica poesia fosse diventato perfino intelligente. Si diede all’insegnamento.

Troppo giovane per girare con la 2CV, indossare l’eskimo e portare in tasca l’Unità, si adattò alla FIAT dei padroni, alla cravatta dei borghesi e alla Repubblica degli intellettuali. In fondo, vantandosi di provenire da famiglia danarosa, aveva conservato l’abitudine di dare del lei agli studenti, come si pretende dai domestici, e l’arroganza saccente di chi ha sostituito alla frusta l’ironia – sempre per schiavi, s’intende. Andava a votare per senso civico e convinto che il mondo si sarebbe cambiato attraverso la somma delle preferenze. Anche se esaltava la lotta di tutti i dannati della terra, l’unica arma che impugnò fu la penna per mettere voti sul registro. Amava definirsi cultore della musica classica: infatti, l’unica volta che andò a un concerto, si addormentò. Del crollo del comunismo si fece ragione considerandolo accidente provvisorio e imperfetto. Qualcuno gli chiese del gulag, ma si difese scambiandolo per il piatto piccante della cucina ungherese.

Della caduta del muro di Berlino, poi, pensò a speculazioni edilizie di qualche berlusconiano teutonico. D’altronde, estromesse come compromettenti le macerie del socialismo reale, nel laboratorio di storia aveva posto Auschwitz a conforto, non Dachau su cui stese un complice silenzio, e il male assoluto da combattere. Forse per questa impari battaglia perse i capelli e assunse un colorito giallognolo da fegatoso. I giorni che visse si somigliavano tutti, scanditi soltanto da una noia che nemmeno giungeva a ferirlo. E gli anni somigliavano agli anni. Invecchiando tentò di trasmettere paranoie e umore acido anche ai suoi studenti che, per loro fortuna, avevano smesso di ascoltarlo da lunga data preferendo l’auricolare e gli sms.

Adesso che è scomparso dal mondo non se n’è accorto nessuno. Ma noi l’abbiamo saputo lo stesso e siamo venuti a ridere sulla sua tomba. Abbiamo bevuto molto alcool come si conviene in una festa. Con la solennità degli ubriachi abbiamo giurato di non finire come lui, di non abbandonare i sogni che ci fanno giovani né gli ideali che ci rendono veri. In ricchezza o povertà. Faccia al sole e in culo al mondo.

2 commenti:

  1. Epitaffio per I professori, verrebbe da dire, guardando quanto si appresta a compiere l'insano di mente che ha avuto in sorte il Ministero nella grigioplutocrazia montiana!

    Eppure, comprendo cosa voglia dire essere uno fra mille all'interno di una categoria che è considerata e si considera tout court 'di sinistra'...
    E forse un giorno, s'io non andrò sempre fuggendo di gente in gente, chiederò asilo politico in questo spazio per parlare del 'futuro dell nostre (non)istituzioni educative'.

    Libanio il Rètore

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  2. Asilo politico concesso come campo di concentra...zione!!!

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